Start-Up innovazione e cambiamento, crea il tuo sito

Ne sentiamo parlare ovunque. In effetti la diffusione delle start-up e dei progetti legati all’innovazione sociale sono legati alla narrazione, perennemente emozionata ed enfatizzata, di chiunque ne discuta. Ovviamente, in maniera indiscussa, questa “narrazione” accompagna la crescita di queste nuove realtà tanto da arrivare a incentivare la nascita di un discorso specifico, legato alle generazioni che contribuiscono – o sono determinanti – a creare un nuovo modo di fare imprenditoria.

Molte volte, infatti, abbiamo sentito parlare di scarto generazionale nell’ambito delle start-up. In effetti, questo genere di imprenditoria, è pressoché legato, totalemente o in gran parte, ai giovani.

Le start-up, oltre ad essere in maggioranza sviluppate da giovani imprenditori, possiamo dire che hanno un modus operandi differente dalla filosofia aziendale di vecchio stampo. La precarietà, definita abilmente flessibilità, è il modo con cui si assumono le persone. Se si trattasse di vera flessibilità ci sarebbe lavoro continuativo fino alla pensione. L’essere flessibili significa trovare impiego in più luoghi e con differenti mansioni, non restare senza lavoro.

Ma andiamo a vedere più da vicino questo nuovo modo di intendere il lavoro: tratto distintivo delle start-up.

Il termine Start-up sembra essere diventato una parola d’ordine per definire, appunto, il tema dell’occupazione giovanile e viene spesso associata anche al rilancio dell’economia italiana. Questo ha portato il governo, a Dicembre 2015, ad emanare il decreto legge 179/2012 che ha lo scopo di porre le basi per tentare di regolamentare queste aziende e comprende anche una  serie di incentivi per lo sviluppo delle giovani start-up. Un fenomeno quindi che, come sempre nel nostro Paese, viene regolamentato solo dopo esser nato da tempo. Lo spirito di iniziativa viene sempre dalle persone e raramente dai governi. Comunque resta il fatto che il decreto in questione è solo il primo passo nella regolamentazione di queste nuovo concetto di fare impresa. dobbiamo sottolineare che il discorso cambia quando si parla di start-up culturali e legate alla creatività, verso le quali diventa arduo fornire una definizione esatta. Questo è dovuto a due tipi di ragionamento. Il primo è che in generale, definire concetti come la creatività e la cultura, è complesso poiché questi non rientrano in ambiti specifici. Il secondo è che, non trovando una definizione consona a questa tipologia (molto ampia) di potenziali attività, nella regolamentazione di legge viene inserita come sociale anche se non è del tutto corretto. Ciò avviene anche nel decreto in oggetto. Come sottolineato in precedenza, però, in questa gamma rientrano tantissime altre attività a partire da quelle legate alla ricerca scientifica per poi passare a quelle dell’assistenza socio-sanitaria e a quelle legate alla tutela dell’ambiente. Anche in questo genere di attività troviamo la formazione e la valorizzazione del patrimonio culturale e infine, appunto, l’erogazione di servizi culturali.

Altro concetto, e motto potremmo dire, legato alle start-up è il seguente:

Il lavoro non si cerca, si crea. In effetti è una descrizione calzante quando si discute di questa nuova forma di imprenditoria. Oltretutto questa frase si sente pronunciare molto spesso e da più parti. La crisi del lavoro e la globalizzazione in fallimento ha contribuito certamente a dare una spinta verso un metodo nuovo di procurarsi e mantenersi un lavoro. Anche le nuove tecnologie hanno incentivato molto lo sviluppo delle start-up. Alla crisi economica dobbiamo affiancare anche quella relativa alle istituzioni tradizionali anche nel campo del lavoro. Troppe volte abbiamo sentito parole come Bamboccioni che colpevolizzavano i giovani che, a detta di qualcuno, non facevano nulla per emanciparsi dalla famiglia d’origine. Questo veniva detto con le stime sulla disoccupazione in costante aumento.

Questi appellativi, per nulla simpatici, sono recenti e denotano personalità politiche che, piuttosto che ammettere il loro fallimento davanti alla crisi del capitalismo mondiale – pagata sempre da chi lavora – preferiscono puntare il dito contro la luna: invece che osservare quest’ultima si concentrano proprio sul dito. A tutt’oggi i dati sulla disoccupazione e soprattutto quelli sull’occupazione precaria – intesa come incerta e perennemente impegnata in cambiamenti senza sbocchi – restano al palo. L’iniziativa privata ben si inserisce in un contesto difficile, che sembra solo peggiorare, se non fosse, appunto, per il dato positivo che  arriva dal proliferare del fenomeno start-up, intesa come un’iniziativa imprenditoriale che spesso intende anche essere sociale e culturale. I principi delle start-up sono legati ad uno scambio continuo, connessi a un etica del lavoro fatta di reti e condivisioni. Queste hanno portando una ventata di novità nel campo del lavoro e delle attività sia culturali che sociali.

Proviamo a spiegare, a questo punto, cosa si intende per start-up. Abbiamo visto che il cambiamento imprenditoriale riguarda l’approccio al lavoro ma le start-up non sono solo questo.

Questo mondo è legato a iniziative e progetti su carta che prima di realizzarsi devono superare una serie di ostacoli molto seri.

Dapprima la start-up è un progetto ben pianificato e chiaro nella mente di chi vorrebbe svilupparla. Spesso tutto si ferma proprio qui, visto che alla maggior parte delle persone mancano i fondi da investire sul progetto stesso. A tal proposito dobbiamo dire che solo una minoranza riesce effettivamente a trasformare il progetto in impresa, generando poi posti di lavoro con un impatto sociale sostenibile.

Purtroppo la regolamentazione di questo sistema imprenditoriale, come abbiamo detto poco sopra, è ancora insufficiente e le linee guida sono ancora scarse e frammentarie. Ecco perché per conquistare fette di mercato la reputazione di una tale impresa è assai importante ed è questa a spingere l’azienda ad affermarsi.

I canali con cui ciò avviene sono quelli legati alle nuove tecnologie e la pubblicità fa la parte del leone nella creazione delle giuste reti, anche al fine di procurarsi investimenti atti allo sviluppo e alla crescita dell’azienda. A quel punto non sarà più all’inizio – start-up significa appunto ciò – ma si delineerà come un azienda effettiva. Vi renderete conto che per quanto sia importante e rilevante la pubblicità e l’iniziativa privata non basta a far decollare tutte le belle idee che molte giovani menti possono avere. Infatti sono queste ultime che spesso chiedono adesioni al progetto attraverso prestazioni lavorative non retribuite e come investimento per la loro idea che una volta sviluppata consentirebbe guadagni da dividere tra tutti i partecipanti. Tutto questo è ingiusto perché il lavoro va pagato e le idee premiate, se effettivamente valide allo sviluppo imprenditoriale.

 

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